Nella corte sembra che si voglia riattualizzare il tema del giardino delle delizie o, ancora, dell'hortus conclusus: in ogni dettaglio sono visibili la cura, l'artigianalità e la passione che rispondono a una costruzione sapiente. Il tornare continuamente sulle questioni architettoniche, ha sviluppato una profonda conoscenza che deriva dal contatto diretto. L'instancabile ridiscutere e rivalutare in fase progettuale ha portato alla realizzazione della migliore risposta architettonica alle numerose problematiche ed esigenze, funzionali, estetiche o di qualsiasi altro genere, volte al recupero non solo di struttura e materiali, ma anche di suggestioni e tecniche costruttive tradizionali. Sono stati adottati materiali nobili e poveri, ma tutti con la prerogativa della durevolezza, per evitare di intervenire su un edificio antico con materiali o strutture destinate a degradarsi in breve tempo. Il tempo è uno dei principali attori dell'architettura: è il tempo che dà carattere e suggestione e che conferisce identità all'edificio. Inoltre la venezianità che si coglie frequentando la piazza interna della fattoria, intesa come un succedersi di corti con scenari differenti, di pavimentazioni di pietra, di passerelle sull'acqua e di tavolati di legno, è ravvisabile anche nella ricerca e nella scelta degli strumenti e dei materiali per gli interni per i quali spesso ci si è rivolti alla cultura veneta: dagli eleganti marmorini dalle tonalità tenui e calde, al prezioso terrazzo alla veneziana. La ricercatezza e la dignità del dettaglio in questo progetto sono stati oggetto di particolare cura; l'affinamento del particolare, il modo in cui si assemblano i materiali, possono derivare da una corretta e necessaria risoluzione formale di una questione architettonica, oppure vi si può intravedere una testimonianza della poetica del progettista.
All'interno della corte dell'ex fattoria di Ca' della Nave, pezzi di storia coesistono accanto ad oggetti architettonici contemporanei. Il percorso principale è pavimentato con lastre di Trachite Zovonite, mentre mattoni posti di taglio - che riportano a terra il passo dei pilastri dell'ala est - scandiscono le aree verdi e di sosta. Il verde si alterna a porzioni pavimentate in legno teak in cui la panchina risulta dalla curvatura della pavimentazione su se stessa. La porzione lungo l'ala ovest è caratterizzata da una "scolina", l'acqua lambisce il camminamento, ostacola l'accesso alle aree verdi e, a nord, confluisce in uno specchio più ampio. Si sono riproposte essenze spesso presenti nei giardini della villa veneta, mutevoli nei colori e nel fogliame in modo che la ciclicità delle stagioni diventi motivo percepito e coreografico. La differenziazione delle aree e dei percorsi è ottenuta mescolando equilibratamente materiali costruttivi, elementi naturali e arredo urbano, mentre, nelle ore notturne è la luce - in particolare quella integrata nella pavimentazione- che guida i percorsi e ridisegna l'architettura. La stessa articolazione del verde, come anche gli elementi architettonici vetrati, preservano con la loro trasparenza la continuità di percezione dell'invaso.
AUTORIMESSA INTERRATA
L'autorimessa interrata è stata realizzata -per quanto riguarda scavo e perimetrazione della fossa- adottando diaframmi e berlinese, tecniche costruttive che hanno permesso di avvicinarsi al manufatto storico fino a meno di un metro, tutelandone l'integrità. L'autorimessa contiene 45 posti auto, perimetralmente sono stati dislocati numerosi vani che accolgono impianti e depositi. I sistemi di risalita dall'interrato, scale, ascensori e anche un montacarichi, sono 3, distribuiti in modo da servire agevolmente tutto il complesso. L'accesso avviene dalla rampa adiacente al parcheggio a raso della piazza adiacente al complesso.
Il tunnel di vetro è stato studiato in funzione della leggibilità del manufatto esistente, la cui visione non viene impedita, scoraggiata o prevaricata, ma permette di vedere la facciata da vicino e di instaurare con la corte un nuovo rapporto visivo. Questa realizzazione, molto complessa dal punto di vista tecnologico, ha permesso di soddisfare molteplici esigenze funzionali divenendo l'uscita di sicurezza dell'auditorium, l'unico collegamento climatizzato ed aereo degli uffici al primo piano e una risorsa per l'edificio in quanto costituisce un passaggio protetto lungo 34m e una protezione per il registro inferiore della facciata. A putrelle collegate al solaio (in parte di nuova edificazione) dell'edificio esistente si sono fissate le centinature curve che sorreggono vetri suddivisi in tre settori: quello centrale trasparente, il vetro superiore serigrafato e un vetro accoppiato con finitura bianco latte nella parte inferiore, in modo da celare gli impianti di climatizzazione, di illuminazione e la struttura portante.
Il fronte ovest interno corte è molto articolato, tutta l'ala dell'edificio è la più antica - contemporanea o di poco successiva all'oratorio del XVI secolo adiacente - ed è vincolata dalla Soprintendenza. Il vincolo si è trasformato in uno stimolo compositivo: il blocco scale è stato collocato in un elemento puntuale estraneo per forma e materiali, estromesso, vetrato perciò visivamente permeabile. Così facendo non si compromette l'interno dell'edificio e si ripristina l'unitarietà dopo gli interventi degli anni ‘80 che volevano frammentare l'intero complesso in piccole unità abitative e si impegna un punto della facciata già compromesso staticamente dai precedenti interventi.
L'ascensore era un progetto ambizioso, un fantasma minimalista che, seppur celato, sottendeva un complesso mondo tecnologico. Allo scopo di preservarne la trasparenza si sono contenuti gli ingombri tecnici a vista e si è studiata una snella struttura di guida che si armonizza con l'impianto. Lo spazio è stato razionalizzato per contenere le misure del vano e non renderlo troppo impattante rispetto alla facciata storica.
Molti episodi mostrano quanto l'arredamento possa essere integrato all'architettura e la completi; nella sala convegni e nella sala consiglio, gli arredi qualificano esteticamente l'ambiente in perfetto connubio con la funzione ospitata preservano l'integrità storica dell'edificio dalla minaccia dell'imponente apparato impiantistico e normativo. Sperimentazione e tecnologia da un lato, tecniche e materiali della tradizione dall'altro, si coniugano nell'equilibrio della realizzazione finale.
La sala consiglio è uno dei locali fulcro della vita della banca: si protende verso il paese su di cui si affaccia attraverso un'alta vetrata controventata da pinne di vetro. Lo spazio risulta animato da linee concave e convesse, al centro il monumentale tavolo del consiglio, di Rovere e pelle, accoglie 19 postazioni, ciascuna dotata di schermo piatto retraibile, mentre il fondale, una boiserie in legno, accoglie un'opera di Ennio Roccaro.
Un vano caratterizzato da un'atmosfera raccolta e suggestiva generata dai grigliati di
cemento e mattoni e dalla proiezione delle loro ombre ospita la sala convegni. La vetrata scorrevole in corrispondenza del grigliato a est è stata arretrata in modo da garantire il passaggio e far apprezzare la trama dei mattoni, determinando allo stesso tempo una zona a loggiato che protegge efficacemente il serramento e contribuisce a migliorare la climatizzazione del locale interno.
Le poltrone, disegnate appositamente, sono state rivestite di pelle rosso carminio, la stessa che è stata scelta anche per altri particolari. Una boiserie di legno copre la parete convessa di fondo del palco che si discosta dal muro per accogliere uno schermo e per aumentare la qualità di uscita del suono. Il banco dei conferenzieri presenta sul fronte una cornice di pelle che fa da supporto a un'opera di Arnaldo Gamba.
All'articolazione dei volumi e degli spazi visibile di giorno risponde un'altrettanta varietà di scenari luminosi notturni che variano ciclicamente con sistemi di accensione e spegnimento differenziati. La luce, non indifferente a ciò che illumina, mette a fuoco e anima molteplici situazioni architettoniche.
Oggetto di un'attenzione quasi maniacale sono state non tanto le tecnologie, comunque ad altissimo livello e all'avanguardia rispetto alle proposte del mercato, ma piuttosto la sorgente luminosa in sé, la manifestazione della luce.
Il tunnel che di giorno con la sua trasparenza permette la visione della facciata storica cercando di non interromperne la continuità, di notte diventa un nuovo elemento architettonico astratto e autonomo, proponendosi come una gigantesca lampada a luce morbida.
Altre alla luce proveniente direttamente dagli apparecchi illuminanti - sempre Gianni Rigo design -, nel complesso di Ca' della Nave sono stati collocati numerosi altri effetti luminosi completamente integrati e nascosti nell'architettura. Ad esempio, nella gola determinata dalla piega della lamiera della "scolina" c'è una linea continua di led che illumina in modo indiretto e radente la pavimentazione, così da orientare la passeggiata. Lampade a led sono inoltre incassate nella pavimentazione dei sottoportici, in modo tale che la luce si rifletta sul soffitto illuminandolo uniformemente, ma in modo discreto e senza dispersioni. Anche per l'illuminazione delle due cabine dei vani ascensore di vetro si è posizionato sul soffitto un sistema di specchi e led, ottenendo un effetto tridimensionale del tutto inedito.
Dalla sommità della copertura in vetro della rampa sgorga l'acqua che la dilava costantemente, trasformandola in un oggetto sempre in movimento, lo stesso specchio d'acqua che lambisce la struttura, insieme ai cespugli di bosso, rappresenta un ostacolo a tutela delle ampie vetrate.
Le caratteristiche contrastanti che si sono evidenziate autonomamente negli spazi interni, durante i lavori, hanno rappresentato una continua e piacevole scoperta. Non si può negare al complesso di Ca' della Nave il pregio di mostrare un catalogo di scenari interni molto articolato, vera ricchezza dell'edificio. Non si è cercato di ricomporre l'unitarietà e la continuità degli ambienti che, diversi tra loro per forma e funzione, non erano mai stati comunicanti, ma semmai si è esaltata la loro eterogeneità attraverso il concepimento di percorsi che diano la possibilità di apprezzare l'articolazione degli spazi in successione. Il progetto rispetta le diverse forme che la luce assumeva già nell'edificio antico, quando penetrava dai montanti asimmetrici delle vetrate o dai grigliati, enfatizzando le suggestioni luminose e la diffusione in modi disparati della luce naturale, intendendola come manifestazione a sé stante, così come il fotografo Paolo Monello ritrae magistralmente in questi scatti.
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